Salvatore Cancemi

sagomaEntra nel 1976 come "uomo d'onore" nella "famiglia" di Porta Nuova, per divenire subito dopo capodecina e, a partire dal 1985 (epoca dell'arresto di Giuseppe Calò a Roma), come sostituto di quest'ultimo nella direzione del mandamento e come componente della Commissione Provinciale di Palermo.
Nel luglio del 1993 - pochi giorni dopo le stragi di Capaci e via D'Amelio - si costituisce presso la Caserma dei Carabinieri di Piazza Verdi a Palermo e inizia a collaborare con i magistrati, spiegando che le ragioni della sua scelta erano legate principalmente al desiderio di non avallare ulteriormente la strategia stragista di Riina e Provenzano.
Chiarirà anche di aver imboccato la strada della collaborazione, consapevole di essere in pericolo di vita, avendo in qualche modo già manifestato la sua ostilità ai progetti perseguiti dallo schieramento "corleonese".
La sua collaborazione, dapprima assai limitata, diventa man mano sempre più aperta, seppure - ancora a distanza di tempo - gli inquirenti siano convinti che egli abbia tenuto per se delle verità e delle informazioni di elevato interesse investigativo.
Posto di fronte alla contestazione di tale comportamento, Cancemi ha ammesso le proprie remore e ha adattato a sé stesso il paragone di una "vite che si svita piano piano".
Sulle stragi di Capaci e via D'Amelio ha aperto - senza peraltro approfondirli - degli inquietanti scenari sugli interessi dei mandanti "esterni" a Cosa Nostra, riconducibili ad ambienti istituzionali, politici e finanziari.