Nella notte tra il 7 e l'8 dicembre 1970, a Roma e in altre
città d'Italia tutto era pronto per il golpe neofascista; protagonista dell'iniziativa,
il principe Junio Valerio Borghese, che aveva raccolto attorno a se un gran numero di
uomini sotto la sigla del gruppo "Fronte Nazionale", in stretto collegamento con
altri gruppi di matrice neofascista quali "Ordine Nuovo" e "Avanguardia
Nazionale". A partire dal 1969, il Fronte Nazionale aveva favorito la costituizione
di gruppi clandestini armati, aveva stretto relazioni con uomini e settori delle Forze
Armate, aveva coltivato rapporti con faccendieri e intermediari collegati
all'amministrazione statunistense ed ai comandi Nato.
Il progetto di colpo di Stato ordito da Borghese - con il concerto di ambienti e poteri
molto più autorevoli - aveva suscitato vivo interesse anche tra numerosi alti Ufficiali
delle Forze Armate e funzionari di diversi Ministeri, con i quali era stato predisposto un
piano che prevedeva l'intervento di gruppi armati su diversi obiettivi di alta importanza
strategica. Nella capitale, avrebbero dovuto essere occupati il Ministero degli Interni,
il Ministero della Difesa, la sede della televisione e gli impianti telefonici e di
radiocomunicazione; le truppe dei golpisti avrebbero dovuto arrestare e deportare in luogo
sicuro gli esponenti politici dei diversi partiti rappresentanti in Parlamento. L'epilogo
del colpo di mano sarebbe giunto con la lettura di un proclama televisivo, al termine del
quale l'intervento delle Forze Armate avrebbe suggellato il definitivo successo
dell'insurrezione e l'avvio di una nuova fase politica per il Paese.
La notte tra il 7 e l'8 dicembre 1970 il piano comincia ad essere attuato. A Roma alcune
centinaia di golpisti si concentrano nei punti nevralgici della città, così come accade
anche in altre città d'Italia. Nella capitale, mentre gruppi armati sono attestati nei
pressi della sede RAI e nei pressi del Ministero della Difesa, un gruppo di militanti di
Avanguardia Nazionale comandati da Stefano Delle Chiaie, grazie alla complicità di alcuni
funzionari, entra nel Ministero degli Interni e si impossessa di armi e munizioni che
vengono distribuite ai congiurati.
Improvvisamente, mentre l'insurrezione è già in fase di avanzata esecuzione, Borghese
impartisce il contrordine. Ignote, ancora oggi, le ragioni.
Molti anni più tardi, grazie alle rivelazioni di Tommaso Buscetta e di Antonino
Calderone, emergeranno anche i legami tra il progetto golpista e l'organizzazione mafiosa.
I due collaboratori hanno rievocato la vicenda nel corso del cd. "processo
Andreotti". La loro audizione è stata riassunta in questi termini nella requisitoria
dei Pubblici Ministeri Scarpinato e Lo Forte:
<<[
] Il primo a riferire la vicenda di queste trattative (già in data 3
dicembre 1984) è stato Tommaso BUSCETTA, il quale - anche in questo dibattimento,
all'udienza del 9 gennaio 1996 - ha precisato che:
· nel 1970 - nello stesso periodo di tempo in cui si svolgevano i
campionati mondiali di calcio in Messico - egli si era recato a Catania insieme a
Salvatore GRECO "cicchiteddu" (giunto appositamente dal Sud-America, ove
soggiornava) per incontrare Giuseppe CALDERONE. Nell'occasione, entrambi avevano preso
alloggio in casa di "Pippo" CALDERONE, il quale frattanto - in una villetta di
San Giovanni La Punta - ospitava il latitante Luciano LEGGIO. Oggetto di questo incontro
era la discussione della proposta di partecipazione ad un "golpe", avanzata dal
principe BORGHESE;
· il progetto di "golpe" prevedeva un ruolo attivo degli
affiliati all'organizzazione Cosa Nostra, a cui sarebbe stata affidata la
"gestione" del territorio ricompreso nel mandamento di ciascuna famiglia
mafiosa, per "calmare e far vedere al popolo siciliano che noi eravamo d'accordo,
ognuno per la sua sfera di influenza che avevamo nelle nostre terre";
· in contropartita del ruolo attivo di Cosa Nostra, il principe
BORGHESE aveva offerto la revisione di molti processi in corso a carico di esponenti
dell'organizzazione criminale, facendo un particolare riferimento al "processo
RIMI" (si rammenti che, in quel momento, i due RIMI erano già stati condannati
all'ergastolo anche in Appello);
· al progetto di "golpe" era interessata la Massoneria, e
l'allora Capitano dei Carabinieri Giuseppe RUSSO - anch'egli massone - era informato del
tentativo insurrezionale ed avrebbe avuto, anzi, il compito di arrestare il Prefetto di
Palermo;
· il principe BORGHESE - in caso di accettazione della proposta di
partecipazione al "golpe" da parte del vertice di Cosa Nostra - avrebbe
richiesto un elenco di tutti gli uomini d'onore partecipanti alle operazioni golpiste o -
in subordine - avrebbe voluto che durante l'insurrezione armata gli uomini d'onore si
rendessero riconoscibili agli altri golpisti mediante una fascia di colore verde da
portare al braccio;
· proprio queste ultime richieste del principe BORGHESE avevano indotto
i partecipanti alla riunione di Catania (BUSCETTA, LEGGIO, Giuseppe CALDERONE, Salvatore
GRECO) a diffidare della proposta e ad esprimere disinteresse; tuttavia, poiché una delle
contropartite all'intervento di Cosa Nostra offerte dal principe BORGHESE riguardava
proprio la revisione del "processo RIMI", i convenuti avevano deciso di
coinvolgere nella decisione definitiva Gaetano BADALAMENTI, ben consapevoli di quanto egli
avesse a cuore la sorte del cognato Filippo e del di lui padre, già condannati
all'ergastolo. Per questo motivo avevano stabilito di incontrare il BADALAMENTI a Milano,
nei cui pressi egli si trovava in soggiorno obbligato;
· in occasione dell'incontro di Milano - al quale, insieme a BUSCETTA,
avevano partecipato Salvatore GRECO "Cicchiteddu", Salvatore RIINA, Gerlando
ALBERTI e Giuseppe CALDERONE - pure RIINA aveva apertamente espresso il proprio dissenso.
Al termine dell'incontro - nel quale si era convenuto di rifiutare l'offerta - alcuni dei
partecipanti, tra cui lo stesso BUSCETTA, si erano allontanati con una vettura ed erano
stati fermati ed identificati dalla Polizia, sfuggendo all'arresto perché muniti di
documenti falsi (25 giugno 1970);
· tuttavia, la famiglia RIMI aveva autonomamente continuato ad
interessarsi del progetto di "golpe", tanto che Natale RIMI - figlio di Vincenzo
RIMI, a cui premeva la revisione del processo a carico del padre - era tra coloro che
nella notte tra il 7 e l'8 dicembre del 1970 si erano recati a prendere le armi in una
caserma militare di Roma; questo dettaglio era stato riferito al BUSCETTA da Gaetano
BADALAMENTI;
· egli aveva saputo, comunque, del fallimento del tentativo
insurrezionale, bloccato in extremis perché in quel giorno o in quel periodo c'era una
flotta russa nel Mediterraneo ed agli americani questo non piaceva. Quindi era stata
rimandata a nuova data, senza che poi più si fece, perché la flotta russa era presente
nel Mediterraneo:
[
]
Le circostanze esposte da Tommaso BUSCETTA circa la connessione tra il "processo
RIMI" e le trattative riguardanti l'eventuale partecipazione di Cosa Nostra al
"golpe BORGHESE", sono state pienamente e analiticamente confermate dal
collaboratore di giustizia Antonino CALDERONE, il quale - all'udienza del 17 settembre
1996 - ha riferito che:
· vi erano state varie riunioni tra gli esponenti di vertice di Cosa
Nostra per valutare la proposta del principe Valerio BORGHESE di una partecipazione
dell'organizzazione mafiosa al golpe (ci sono state tante riunioni
c'è stato anche
il discorso del golpe BORGHESE. ne hanno parlato... Valerio BORGHESE voleva parlare con
delle persone, esponenti della mafia della Sicilia
ne hanno parlato, ne hanno
discusso e poi si è arrivato alla determinazione che qualcuno ci andava a parlare);
· suo fratello Giuseppe CALDERONE, all'uopo prescelto
dall'organizzazione, si era quindi incontrato a Roma con il principe BORGHESE; questi
voleva conoscere i nomi degli affiliati all'organizzazione, ed offriva in cambio la
revisione dei processi di RIMI e di Luciano LEGGIO (Volevano i nomi... si è chiesto in
contropartita che si dovevano fare la revisione dei processi di RIMI e di Luciano
LIGGIO... E questo è stato accordato, dice: noialtri... facciamo la revisione dei
processi; però, dopo che ci insediamo, non è che dovete continuare a fare dei reati,
perché poi vi arrestiamo noialtri...);
· quello che spingeva fortissimo era Gaetano BADALAMENTI (Gaetano
BADALAMENTI avrebbe fatto il patto con il diavolo per potere risolvere questo processo di
suo cognato e del padre di suo cognato... avrebbe fatto la "qualunque", ha
schiacciato tutti i bottoni, voleva risolvere questo processo in qualsiasi modo e in
qualsiasi maniera); ma anche tutta Cosa Nostra si muoveva intorno al processo RIMI;
· le trattative non avevano avuto esito positivo; e tuttavia Natale
RIMI aveva continuato a muoversi, aveva toccato tutte le pedine, si era fatto trasferire a
Roma, ed aveva avuto un ruolo personale nel fallito golpe [
]>>. |