L'impero dei Salvo

Ignazio SalvoLa storia dei cugini Antonino e Ignazio Salvo - uomini d'onore della "famiglia" di Salemi - è stata ampiamente ricostruita agli atti del cd. "processo Andreotti", a partire dai primi anni Cinquanta.
Le fortune dei due gabellieri prendono avvio grazie ad Antonino Salvo che sposa Francesca Corleo, figlia del finanziere Luigi Corleo; sarà il suocero a decidere di avviare il Salvo alle attività delle esattorie e con lui anche il cugino.Luigi Corleo
E' Luigi Corleo, infatti, a costituire nel 1946 la SATRIS (Società per Azioni Tributaria Siciliana), con lo scopo di assumere in appalto i servizi di riscossione delle imposte sul territorio siciliano. A quell'epoca, consigliere delegato della società è Francesco Cambria, a sua volta delegato per la riscossione delle imposte a Catania e provincia da parte della SARI (Società Anonima Riscossione Imposte), una vecchia società sorta nel 1912 con sede a Firenze che agiva su tutto il territorio nazionale.
Nel dicembre del 1956 nasceva la SIGERT (Società Gestione Esattori Ricevitorie Imposte e Tesorerie), per la gestione delle esattorie a Bagheria e in provincia di Messina, Ragusa e Caltanisetta.; vice-presidente era Francesco Cambria, segretario Antonino Salvo. Nel luglio del 1960,Nino Salvo infine, nasce la SAGAP (Società per Azioni Gestione Appalti Pubblici), a cui viene affidata la gestione dell'esattoria comunale di Palermo. Presidente della nuova società è Ignazio Salvo; insieme a lui, risultano soci il cugino Nino, Francesco Cambria e Maria Corleo.
Il gruppo Corleo-Cambria, insomma, attraverso una accorta strategia di acquisizione delle quote sociali e di controllo degli organi di gestione di più società, era riuscito ad acquisire il controllo in regime di monopolio del sistema esattoriale in Sicilia e in numerose altre zone d'Italia.
Scrivono i magistrati della Procura di Palermo nella requisitoria al cd. Processo Andreotti:  

<<Risale alla seconda metà degli anni Cinquanta il provvedimento legislativo varato dal Parlamento della Regione Siciliana che fissa nella regione un aggio esattoriale che giunge fino al 10% circa, e che risulta di gran lunga superiore a quello medio praticato nel resto del territorio nazionale, fissato invece su un'aliquota media del 3,30 %. La legislazione varata in Sicilia concede alle esattorie l'ulteriore agevolazione di una "tolleranza" sui tempi di versamento degli importi riscossi, fino alla misura di circa il 20% del totale del carico dei ruoli. Il che, sostanzialmente, si traduce nella possibilità dei Salvo di poter disporre di ingenti somme di denaro, senza il carico di interessi, destinabili ad altre e più lucrose attività. Le esattorie siciliane diventano, così, una vasta e articolata organizzazione di intermediazione parassitaria che finisce col danneggiare gravemente i contribuenti siciliani, l'economia siciliana e lo stesso sviluppo economico-sociale dell'Isola. Nell'ambito di una accorta strategia di condizionamento e asservimento della politica alle linee di espansione finanziaria ed imprenditoriale del proprio gruppo, i cugini SALVO non lesinano appoggi e finanziamenti ai maggiori leader del partito della Democrazia Cristiana. E se nella provincia di Trapani coltivano un rapporto personale con Attilio RUFFINI, il loro maggiore interesse è quello di porre al servizio dell'on. LIMA e della corrente andreottiana - a cui LIMA ha aderito dopo la rottura con GIOIA - la loro enorme capacità di controllo di larghe fasce dell'elettorato e di condizionamento della vita interna del partito della Democrazia Cristiana, nel quale hanno da tempo trapiantato il loro vasto repertorio di interessi e di relazioni intrattenute con gli ambienti di Cosa Nostra. […] Il fatto che la capacità di "influenza" del gruppo CAMBRIA-SALVO sulla politica regionale fosse da ricondurre anche ai cospicui flussi finanziari assicurati dagli esattori ad alcuni partiti ed ai loro esponenti di spicco, trova sostanziale conferma nelle stesse parole dello stesso ANTONINO SALVO che, sentito nel luglio del 1984 in qualità di indiziato di reato dal giudice istruttore Giovanni FALCONE, così illustrava le proprie strategie di "condizionamento", sia pure limitandole fortemente nel tempo:
"[…] fino al 1962, sia mio suocero sia io stesso, abbiamo, in occasione delle campagne elettorali, contribuito alle spese di tali campagne a favore di tutti i partiti, senza privilegiarne alcuno. In altri termini, poiché, a seguito di una vera e propria battaglia giudiziaria, siamo riusciti ad ottenere la concessione di numerose esattorie, abbiamo ritenuto nostro dovere, negli anni immediatamente successivi all'esito favorevole di tale controversia, di contribuire, in modo proporzionale alla consistenza dei vari partiti, alle campagne elettorali. Ciò è avvenuto soltanto per pochi anni e all'incirca fino al 1962, poiché ci siamo resi conto che ciò, lungi dal creare un clima favorevole nei nostri confronti, contribuiva ad alimentare screzi ed invidie fra i vari partiti, per cui si rivelava controproducente. Mi permetto di sottolineare che ciò è avvenuto in epoca molto anteriore alla legge sul finanziamento dei partiti e che era un costume generalizzato da parte degli imprenditori di maggior peso quello di contribuire alle spese dei partiti.Ignazio Salvo Evidentemente, esulava dai nostri fini qualsiasi intenzione di corrompere o comunque di piegare le attività delle pubbliche istituzioni verso obiettivi a noi favorevoli. Ribadisco, infine, che il denaro proveniva da fonti nostre personali e non già dalle entrate delle società esattoriali e, in particolare, da quelle della SIGERT. Mi riservo, visto che ho appreso dai giornali di essere stato querelato dagli organismi di alcuni partiti, di dimostrare nella opportuna sede la fondatezza di queste mie affermazioni.[…]" (cfr. Doc. nr 7 / Atti irripetibili / Interrogatorio del 3 luglio 1984).

Del resto, nel corso della sua deposizione in udienza, il teste on. MARIO FASINO non ha fatto mistero di conoscere le dinamiche clientelari attraverso cui i SALVO esercitavano il loro potere di "influenza" e di condizionamento sulla politica e sulle istituzioni rappresentative; i SALVO - ha spiegato FASINO - dispiegavano trasversalmente il loro potere su "vari settori" della DC siciliana, grazie alla loro possibilità di offrire occupazione, finanziamenti e, in generale, sostegno per le campagne elettorali: "[...] (Il potere esercitato dai SALVO all'interno della D.C. siciliana) Derivava dalle relazione che avevano intessuto nel corso del tempo con i vari settori della Democrazia Cristiana, partivano da Trapani e si espandevano, soprattutto, nella Sicilia occidentale. [...] Ma, c'era la possibilità, per loro, di offrire, di dare dell'occupazione e poi dei sostegni elettorali, durante le campagne elettorali. [...] Economici, benzina, fac-simili, manifesti, insomma, queste cose che sono sostegni economici. [...]" (Udienza del 20.06.96, pagg. 159 e ss.)

[…]

Ma quali erano le ascendenze familiari dei cugini SALVO ? Cosa si celava dietro la maschera degli imprenditori, dei finanzieri, degli uomini d'affari che facevano e disfacevano governi regionali ?
Essi come Salvo LIMA erano figli di uomini d'onore, ed essi stessi erano "uomini d'onore" della famiglia di Salemi, organicamente calati nelle dinamiche dell'organizzazione criminale al punto da passare pressoché indenni attraverso due guerre di mafia ed essere, fino alla fine degli anni Ottanta, diretti interlocutori dei vertici mafiosi per tutte le necessità dell'organizzazione criminale rispetto al mondo della politica e delle istituzioni.
Il m.llo ANTONIO PULIZZOTTO ha riferito in udienza l'esito delle indagini d'archivio esperite sul conto dei due cugini SALVO, dalle quali risulta che già una nota del 21 maggio del 1972 della CRIMINALPOL, fatta pervenire alla Questura di Palermo, nell'illustrare per linee generali i contorni dell'organizzazione mafiosa nella provincia di Trapani, indicava - con riferimento alla zona di Salemi - i fratelli Salvo Ignazio (cl.1887), padre di Antonino Salvo, e Salvo Luigi (cl. 1888), padre di Ignazio Salvo, come i capi cosca della zona, allegando l'elenco dei gravi precedenti penali dei due personaggi […]

Il primo ad aver rotto il muro di omertà che circondava la qualità di "uomini d'onore" rivestita dai cugini SALVO, è stato TOMMASO BUSCETTA, il quale ha specificato di aver conosciuto personalmente Antonino e Ignazio SALVO, rispettivamente come Capo e Sotto-capo della "famiglia" mafiosa di Salemi, in quanto presentatigli come uomini d'onore da Stefano BONTATE nell'estate del 1980; Egli inoltre ha ricordato:
a)     di aver avuto modo di rilevare la stima e l'intimità che legava i SALVO a Gaetano BADALAMENTI, a cui gli esattori di Salemi chiesero di recuperare il corpo di Luigi CORLEO, suocero di Nino SALVO; e, parimenti, la stima e l'intimità che caratterizzava i loro rapporti con Stefano BONTATE;
b)     di aver avuto modo di rilevare che i SALVO, oltre che offrirgli il loro appoggio elettorale, consideravano Salvo LIMA come se fosse un parente, uno della loro stessa famiglia;
c)     di essere stato ospitato con la sua famiglia nella villa di Santa Flavia, proprietà di Gaetano SANGIORGI, genero di Antonino SALVO, in occasione delle festività natalizie del 1980; per l'occasione, i familiari del BUSCETTA avevano viaggiato con volo di linea dal Brasile a Parigi, e per raggiungere Palermo avevano utilizzato un aereo privato; questo viaggio era stato pagato da Salvatore INZERILLO mentre era stato organizzato da Ignazio LO PRESTI attraverso i cugini SALVO:

[…]

Nino SalvoSullo stabile inserimento dei cugini Antonino e Ignazio SALVO all'interno dell'organizzazione criminale "Cosa Nostra" e sui loro rapporti con i vertici dell'ala tradizionalista di Cosa Nostra, ha riferito in udienza anche il collaboratore di giustizia FRANCESCO MARINO MANNOIA, il quale inizialmente ha precisato di aver conosciuto i cugini SALVO subito dopo il suo ingresso in Cosa Nostra, avvenuto nella primavera del 1975, pur ignorandone allora l'appartenenza all'organizzazione criminale e di avere appreso dell'appartenenza a Cosa Nostra dei cugini SALVO solo quando - tra il 1977 e il 1978, a Fondo Magliocco - Stefano BONTATE, "per rispetto", gli presentò ritualmente Antonino SALVO come uomo d'onore della famiglia di Salemi. In quella stessa occasione, ma in separata sede, il BONTATE ebbe a specificargli che anche Ignazio SALVO era uomo d'onore della medesima famiglia ma che, visto il suo carattere schivo e diffidente, preferiva non presentarlo ritualmente ad alcuno. Del resto - gli specificava BONTATE - l'affiliazione dei SALVO era e doveva restare strettamente riservata, vista la posizione da loro occupata nel mondo dell'imprenditoria e della politica:

[…]

MANNOIA, inoltre, ha riferito
a)     di sapere che entrambi i cugini SALVO erano in rapporti di amicizia "molto intimi" con Gaetano BADALAMENTI e che, anzi, era stato proprio quest'ultimo a presentarli a Stefano BONTATE;
b)     di averli incontrati in più di un'occasione insieme al BONTATE e, tra queste, di ricordare: un incontro tra i SALVO e il BONTATE nelle vicinanze di un ufficio delle Esattorie a Palermo; un incontro a Cinisi, in casa di BADALAMENTI; numerosi incontri a Zagarella, dove si intrattenevano a parlare con Antonino SALVO;
c)     di sapere che i SALVO avevano messo a disposizione di Salvatore FEDERICO un bungalow all'interno del complesso dell'Hotel Zagarella, dove il FEDERICO aveva anche fatto celebrare il battesimo del figlio;
d)     di avere ricevuto l'incarico da Antonino SALVO, tramite Stefano BONTATE, di "dare una lezione" al genero Gaetano SANGIORGI, anch'egli uomo d'onore, dal carattere troppo "spavaldo" e litigioso;
e)     di essersi reso conto che dopo la morte di Stefano BONTATE, i SALVO erano "passati alle dipendenze" di Salvatore RIINA, tanto da volergli fare cosa gradita, inviando beni di conforto ai detenuti presso il carcere dell'Ucciardone in occasione delle festività natalizie del 1982.

[…]

Ignazio SalvoAnche il collaboratore di giustizia GIOVANNI BRUSCA ha riferito in udienza di aver conosciuto i cugini Antonino e Ignazio SALVO come "uomini d'onore" della famiglia di Salemi, del "mandamento" di Mazara del Vallo, precisando che entrambi i SALVO erano direttamente "a disposizione" di Salvatore RIINA. Giovanni BRUSCA ha riferito di aver svolto - con particolare assiduità nel 1982 - il ruolo di emissario di fiducia tra RIINA e i SALVO, organizzando anche appuntamenti a richiesta dell'uno o degli altri; inoltre, allorquando i SALVO avevano urgente necessità di contattarlo per ottenere un appuntamento con RIINA, utilizzavano propri uomini di fiducia: Paolo RABITO, Gianluigi CARADONNA (nipote di Antonino SALVO) o Giuseppe MARAGIOGLIO (uomo di fiducia e prestanome di Antonino SALVO).

[…]

Precisa e puntuale anche la sequenza di episodi e circostanze rievocate dal collaboratore di giustizia GIOACCHINO PENNINO, il quale ha ricordato in udienza
a)    di aver conosciuto i cugini SALVO nel 1980, previa autorizzazione di Michele GRECO, nel loro ufficio di via Ariosto, su iniziativa degli stessi SALVO, che a Pennino dovevano chiedere aiuto per avviare le attività dei centri di prelievo del laboratorio di analisi cliniche di Gaetano "Tani" SANGIORGI, genero di Antonino Salvo. In quell'occasione, alla presenza dell'intermediario - tale Giuseppe DI CATANIA - Antonino e Ignazio SALVO furono ritualmente presentati come "uomini d'onore" della "famiglia" di Salemi, di cui l'Ignazio era o era stato il vice-rappresentante;
b)    di aver conosciuto (sempre nel 1980) tramite i SALVO Gaetano SANGIORGI, presentatogli successivamente (nel 1981), ritualmente, come da poco affiliato alla "famiglia" di Salemi, e di avere con questi intrattenuto gradevoli rapporti personali;
c)    di avere, successivamente, incontrato numerose altre volte i cugini SALVO e di aver chiesto loro numerose "cortesie";
d)    di aver ottenuto dai SALVO la disponibilità di un impiego di lavoro presso le Esattorie o presso un CentroNino Salvo elettronico a queste collegato, per una persona;
e)    di essere stato invitato - nel 1981 - al matrimonio di Daniela SALVO con Giuseppe FAVUZZA;
f)    di essere stato invitato ad uscire in barca;
g)    di essere stato convocato da Ignazio SALVO a casa sua, in p.zza Vittorio Veneto, nel 1987, durante il periodo in cui lo stesso era agli arresti domiciliari, per le esigenze di un nipote di Antonino SALVO - il dr SIRCHIA Gaetano - e, nell'occasione, di non avere trovato alcuna difficoltà ad accedere all'appartamento del SALVO, grazie all'assoluta mancanza di vigilanza o di controlli da parte delle forze dell'ordine);
h)    di avere avuto contezza del rapporto di grande amicizia che legava i SALVO a LIMA, considerato affidabilissimo e gran persona per bene;
i)    di conoscere molto bene la collocazione politica dei SALVO all'interno della DC: e cioè di sapere che a Trapani facevano parte integrante del gruppo doroteo, a Palermo sostenevano la corrente andreottiana guidata da Salvo LIMA, mentre in occasione delle elezioni regionali appoggiavano "trasversalmente" i loro "amici" collocati nelle diverse correnti dei diversi collegi;

l)    di aver fatto da intermediario tra il senatore CERAMI e Ignazio SALVO per ottenere un contributo elettorale di cinque milioni in occasione delle elezioni del 1983, poi effettivamente riscosso e consegnato al richiedente;
m)    di aver procurato ai SALVO - su loro espressa richiesta, con la specifica indicazione che servivano per le "alte sfere" di Cosa Nostra - alcune dosi di stricnina, che furono effettivamente loro consegnate in due riprese, dal momento che la prima dose era stata ritenuta insufficiente per le loro necessità>>.