Una città mollemente abbandonata nel caldo afoso
dell'estate, si sveglia di soprassalto, scossa da un boato fragoroso. Sono passati pochi secondi dall'esplosione e via Pipitone Federico,
la mattina del 21 luglio 1983, sembra la periferia di una città appena bombardata: una
cinquecento imbottita di tritolo ha appena stroncato la vita e il coraggioso lavoro del
Consigliere istruttore Rocco Chinnici, mentre stava per entrare in macchina con la scorta.
Un massacro di uomini, un agglomerato di macerie, e poi calcinacci un pò dovunque,
lamiere contorte, vetri infranti, briciole di muri sopra i lenzuoli che coprono i
cadaveri; tutt'intorno, come spettri, gli investigatori e i magistrati, smarriti e
increduli.
Chinnici era un magistrato con le idee chiare: a capo dell'Ufficio istruzione. dopo la
morte dell'amico Gaetano Costa, non si fidava ormai di nessuno, ma aveva deciso di andare
fino in fondo e di colpire duro laddove più alti e più forti erano gli interessi di Cosa
Nostra.
"La Regione Siciliana? Il sessanta, settanta per cento dei fondi erogati alle aziende
agricole finisce nelle mani di famiglie direttamente o indirettamente legate alla
mafia", aveva detto; e ancora: "Oggi non c'è opera pubblica in Sicilia che non
costi quattro o cinque volte quello che era stato il costo preventivato, non già per la
lievitazione dei prezzi ma perché così vuole l'impresa mafiosa, impresa alla quale
spesso è interessato anche un colletto bianco".
Parole come pietre, soprattutto se a pronunciarle un magistrato che lavora e indaga sui
mille misteri di una città come Palermo. Ma tant'è: Chinnici era fatto così,
insofferente ad ogni tentativo di condizionamento e di intralcio al suo lavoro. Anche
quando per difendere la propria indipendenza ed autonomia, era stato costretto a
scontrarsi direttamente con il braccio destro di Andreotti in Sicilia, Salvo Lima. Era
accaduto in occasione delle indagini che avevano portato all'arresto di alcuni noti
personaggi dell'entourage politico-imprenditoriale della corrente andreottiana in Sicilia.
"Ricordo - ha raccontato il dr Paolo Borsellino - che una volta il Chinnici dopo che
erano stati arrestati il Costanzo e il Di Fresco, su
mandato di cattura, quest'ultimo, del collega Barrile, disse di avere avuto un colloquio
con l'on. Lima sollecitato dal sen. Coco, in casa di quest'ultimo, nel corso del quale il
Lima gli aveva fatto presente che questa iniziativa giudiziaria veniva considerata come
una forma di persecuzione per la Democrazia Cristiana; al che egli Chinnici, aveva
risposto che l'ufficio si interessava dei fatti specifici contestati a determinate
persone, sempre che potesse avere rilevanza di appartenenza politica."
Chinnici, tra l'altro, ha deciso di sciogliere l'enigma degli omicidi Mattarella e La
Torre: fa sequestrare migliaia di documenti al Comune, continua le indagini che stava
conducendo il collega Costa. A un certo punto vola a Roma sotto falso nome, va al CSM e
denuncia: "Ci sono indagini che non si voleva si facessero".
Il magistrato non nasconde di sentirsi isolato nella conduzione di queste indagini
"scomode"; anche l'ufficiale della Guardia di Finanza che stava lavorando a
questo filone d'inchiesta è stato trasferito. Passa qualche settimana, ma Chinnici,
testardo, è ancora li che indaga, che mette insieme tassello su tassello per costruire un
grande affresco di mafia e grandi complicità nella politica e nell'alta finanza,
spingendo il piede sull'acceleratore delle indagini.
Chinnici, ad esempio, aveva confidato ancora al collega Paolo Borsellino di essere
"convinto che ai fatti di mafia, almeno ad un livello alto, fossero coinvolti anche
gli esattori SALVO. Ciò desumeva - spiegò successivamente BORSELLINO -
da una telefonata fra taluno dei Salvo e il mafioso Buscetta risultante da una
intercettazione contenuta nel processo Spatola, se non erro; telefonata che è stata
pubblicata integralmente dalla stampa ove interlocutori sono certo "Roberto", in
cui si ritiene di identificare, il Buscetta, e tale Lo Presti parente dei Salvo, un anno
fà scomparso senza che se ne abbia notizia. Non so poi da quali altri elementi, che
ritengo ci fossero dal modo come il Chinnici parlava, egli desumesse la partecipazione di
costoro. Contemporaneamente lamentava, ed era amareggiato per questo fatto che finiva con
l'intralciare il rapido ed efficace svolgimento di attività, che nei confronti di costoro
si agisse con "i guanti gialli" da parte di tutti, ed anzi aggiunse, nei loro
confronti una volta, che se gli stessi elementi li avessero avuti nei confronti di altri
certamente si sarebbe proceduto."
Ma anche i Salvo sapevano di queste indagini, e non erano certo rimasti ad aspettare: per
Rocco Chinnici già qualcuno aveva pronto il benservito, con un centinaio di chili di
tritolo.
Il Consigliere istruttore riesce appena in tempo a visitare la vedova di Pio La Torre per
dirle: "Adesso il caso La Torre chiaro. Dica alla sua amica Irma Mattarella che
presto la manderò a chiamare, perché queste novità riguardano anche lei
"
Appena in tempo, prima che i giovani ed esperti artificieri di Cosa Nostra portino a
termine la loro missione di morte. |